Enna. Chiusi in un cerchio di luce, che riuniva per l’ultima volta gli allievi del laboratorio del Teatro dei Territori, da 4 anni sotto la direzione del coreografo e regista Aurelio Gatti; hanno per l’ultima volta, messo in pratica quanto appresso in più di due mesi di appuntamenti con vari docenti. Insieme all’attore Filippo Luna, sembrava di stare riuniti in quel cerchio di sedie da sempre: testi come “Il gattopardo”, “Almanacco delle morti presunte” o “Il piccolo principe”, uscivano dalle viscere di ognuno con naturalezza e sentimento.
Se l’attrice e regista, Cinzia Maccagnano, ha creato un gruppo nei primi appuntamenti, ponendovi la propria pietra miliare; il collega, Vittorio Vaccaro, ci ha messo un po’ di “pepe”, rendendolo ancora pi sfrontato. Uno dei grandi attori della commedia dell’arte invece, Antonio Venturino, ha sedato ogni possibile “vanità teatrale”, restituendo l’importanza del sacrificio nello studio e rappresentazione di un personaggio; senza scordare le altrettanto importanti “prescrizioni mediche”, impartite dalla vocalista Stefania Patanè per un corretto uso della voce, su cui molto si è soffermata l’attrice Stefania Zappalà, che li ha guidati ad una equilibrata conduzione della voce nel corpo. Il regista Alfio Scuderi, ha reso quelli che sono i rischi nell’affrontare e cosa vuol dire vivere giornalmente tale mestiere. L’attrice e regista Paola Greco, li ha condotti al confronto con le proprie emozioni più inconsce, e l’espressione di esse verso l’altro, raccogliendo “teatralmente” quanto appreso col ballerino e coreografo, Giorgio Napoletano, occupatosi di far capire, cosa voglia dire muoversi in “coro”, il cui funzionamento, poggia inevitabilmente, sulla “coordinazione”. E, fra esercizi di voce, timbro e testo, anche il maestro Aurelio Gatti, ha dato il proprio contributo, mettendo in gioco tutte le possibilità espressive del corpo. Dopo l’intermezzo musicale del cantautore e compositore di musiche di scena, Carlo Muratori, è giunto alla fine del corso, l’attore Filippo Luna, che, quasi come un “privilegiato”, ha potuto lavorare con meno barriere emotive ed espressive da parte degli allievi, riunendoli in un cerchio, che pareva esporre interpreti su di un palco, mentre.. la paura, la timidezza, la rigidità, le vane verità, l’orgoglio; erano state gettate in fondo alla sala, ad assistere quasi come un pubblico in castigo, per andare poco dopo via dalla platea, forse definitivamente.
Aurica Livia D’Alotto