Enna. Tra il teatro e vita, ecco fuoriuscire la rappresentazione, possibile solo esorcizzando l’inutile, che non sorprende, si ripete ed è fine ad una manifestazione individuale che non approda; è liberandosi con controllo che sorge l’utile: generosità, disponibilità, ascolto dell’altro e del se conducono a percorsi emotivi e reattivi inaspettati, impulsivi, di scoperta ed esplorazione, che difficilmente si slacceranno dagli allievi del laboratorio, giunti oramai a metà del percorso teatrale “Teatro dei Territori”; il corso di teatro, che, alla sua 5° edizione, per la direzione del coreografo e regista Aurelio Gatti, si è per due incontri avvalso della presenza della poliedrica catanese, Paola Greco, figlia d’arte, e migrante nelle sue esperienze teatrali e cinematografiche: sino a ieri direttore artistico dello storico Teatro Club, fondato da la padre Nando, ed oggi a Parigi, immersa nei segreti d’espressione del cinema e del teatro, alla “Acting International” dove attualmente insegna.
Paola Greco, attrice e regista figlia d’arte, collabori prima con la compagnia teatrale “Il Circo di via Condotti” di Roma e l’agenzia di animazione teatrale “Le Paparelle” di Catania, diretta da Turi Greco. Nel 1995 assumi la direzione artistica del Teatro Club, e nel 2001 fondi la Scuola Teatrale di movimento; la tua formazione spazia dai classici, alle tue sperimentazioni testuali, che attingono pure da testi per ragazzi, qual è l’elemento comune nei tuoi testi? Un personaggio, un’emozione, un percorso?
Potrei dire che il filo conduttore sono io stessa e ciò che penso sia utile rappresentare in quel momento della storia; ad esempio in “Parlo con te”, la protagonista guarda la morte perché era vicina alla morte di mio padre. Tratto argomenti che sento forti in quel momento, che voglio contestualizzare; perciò anche la scelta di un eventuale classico, lo voglio contestualizzare in quel momento mio di vita, che poi dunque riguarda tutti e diviene contemporaneo.
- Tu affermi: “Il nostro lavoro non si basa solo su l’acquisizione di tecniche, ma su un ascolto indotto del respiro dell’altro, del battito e del bisbiglio del corpo nel suo movimento”. Come può ognuno, riuscire ad ascoltarsi e dunque seguirsi nei movimenti?
Con disponibilità, dimenticandosi di sé; nel momento in cui lo si fa si raggiunge l’ascolto di sé, non concentrando tutte le attenzioni e tensioni su se stessi.
- Come carpisci il modo in cui devi lavorare sui tuoi allievi, che, siano essi provenienti da laboratori di base, o della tua scuola, rientrano in target differenziati, che vanno da: casalinghe, a bambini, ad aspiranti attori
Dentro ognuno di noi c’è un mondo vasto; questo lavoro mi ha portato a capire molto del mio interlocutore. E mi metto a tal punto in ascolto di questa persona o del mio gruppo, che non ho difficoltà a capire da dove arriva; è una questione di abitudine all’ascolto senza giudizio alcuno. Non deve esservi giudizio nell’osservazione, si guarda, ed anche attraverso l’aspetto fisico, come cioè ci si può porre: es la postura; mi rendo conto dove devo lavorare.
- Dopo 45 anni il Teatro Club di Catania, chiude nel 2009, da lì l’idea di RING APERTO: qual è stata la valenza di quest’ulteriore iniziativa, in quel momento?
C’è stata una risposta pazzesca della città, il sostegno c’era, ma non è bastato evidentemente; abbiamo avuto anche numerosi artisti : Carmen consoli, che è venuta la prima giornata, e poi Donatella Finoccchiaro, Claudio Gioè. In molti hanno partecipato e ci hanno appoggiati; ho sentito qualcosa di positivo, ma non è stato sufficiente, questa città è sempre insufficiente alla fine.
- Città o regione?
Beh alla fine siamo tutti nella stessa isola, credo che ci sia proprio una volontà di rimanere isola, senza però prendere la cosa più bella di isola
Beh alla fine siamo tutti nella stessa isola, credo che ci sia proprio una volontà di rimanere isola, senza però prendere la cosa più bella di isola
- Dal teatro, nel cinema. Cosa ti conduce al cinema?
Iio adoro il cinema, e il mio teatro è molto visuale, perché adoro l’immagine. Adoro immaginarmi delle cose e vederle, e se sono in teatro le realizzo con gli attori, se sono al cinema le realizzo filmando delle cose. Quando racconto e anche quando parlo, provo a fare questo esperimento; io cerco di mettere in scena quello che io vedo.
Iio adoro il cinema, e il mio teatro è molto visuale, perché adoro l’immagine. Adoro immaginarmi delle cose e vederle, e se sono in teatro le realizzo con gli attori, se sono al cinema le realizzo filmando delle cose. Quando racconto e anche quando parlo, provo a fare questo esperimento; io cerco di mettere in scena quello che io vedo.
- In una parola, cos’è il teatro?
E’ un’altra parte e forma di vita
E’ un’altra parte e forma di vita
Aurica Livia D’Alotto